Lo avevo affermato su queste pagine qualche tempo fa in occasione dell’anteprima, ma colgo l’occasione per ripeterlo qui senza farmi troppi problemi: Atelier Sophie 2: The Alchemist of the Mysterious Dream è primariamente una riflessione sulla trilogia Mysterious pubblicata tra il 2015 e il 2017, e in seconda istanza un degno capitolo della saga Atelier.

Con questo nuovo JRPG, realizzato per i 25 anni del brand, Gust e Koei Tecmo hanno deciso di evidenziare gli aspetti più riusciti della loro saga tutta belle alchimiste e canovacci appartenenti alla narrativa slice of life, portando sul piatto dell’offerta un videogioco che, non fosse per la sua “strana” natura di capitolo apocrifo (i suoi eventi sono circoscritti tra la storia di Atelier Sophie e quella del vecchio Atelier Firis), verrebbe quasi da auspicare possa diventare l’apertura per un nuova trilogia.

E in effetti ci si trova ancora una volta a vestire i panni della giovane e volenterosa Sophie, come sempre accompagna dalla sua maestra Plachta, un’alchimista leggendaria intrappolata nel corpo di una bambola. Nel mezzo di una delle loro tante avventure, le due si trovano dinnanzi a un gigantesco albero che pare ricordare qualcosa alla mentore della protagonista. La sequenza introduttiva non ci dà nemmeno il tempo di valutare i netti passi avanti del profilo grafico della produzione che ci troviamo trasportati in una dimensione parallela, ovvero il mondo sospeso nel tempo di Erde Wiege, dove le persone sono richiamate da epoche differenti per vivere un’esistenza pacifica e senza lo spettro della vecchiaia, con l’unico obiettivo di poter realizzare il proprio sogno nel cassetto. Qui, Sophie si trova a fare la conoscenza di un colorito cast di personaggi, tra i quali spiccano una versione inesperta e piacevolmente “acerba” di Plachta e nientepopodimeno che l’amata nonnina, qui naturalmente presentata come una procace avventuriera nel fiore della gioventù.

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