Parlare dell’importanza della serie Persona senza soffermarsi sul suo terzo capitolo sarebbe improprio. Il videogioco giunto su PlayStation 2, in Europa, nel febbraio del 2008 rappresentò una vera e propria rivoluzione per lo spin-off della saga Shin Megami Tensei, ma soprattutto un punto di svolta importante per l’intero genere dei JRPG da lì in avanti. L’opera Atlus firmata dal trittico Hashino, Soejima e Meguro riuscì in un colpo solo a fondere in modo organico le meccaniche e le narrazioni tipiche delle visual novel ad ambientazione scolastica con quelle dei dungeon crawler dei JRPG Atlus, vestendo il tutto di un’invidiabile direzione artistica fresca e giovanile, tanto che all’epoca Persona 3 sembrava essere un videogioco proveniente dal futuro, rispetto alle contemporanee offerte di Bandai Namco e Square Enix.

Persona 3 Reload rappresenta per certi versi una rivalutazione di tutto quanto di buono si è visto in passato, alla luce di valori produttivi e sintesi ludiche che non possono che essere il frutto dello strepitoso successo inanellato dal quarto e dal quinto capitolo della serie. Ma quest’opera rappresenta anche il debutto del nuovo corso di P-Studio, la branca di Atlus deputata allo sviluppo della serie Persona; orfani del trittico di autori che definì il panorama JRPG dal 2006 (data di uscita giapponese) in avanti, Reload è per certo un vero e proprio remake dell’ormai classico PlayStation 2, imboccando di conseguenza una strada ben differente da quella di Square Enix e del suo Final Fantasy VII Remake, dal titolo ingannevole.

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